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Dietro la Notizia | Intervista a Christian Ryder – TourdeForce

Da qualche giorno sta circolando in rete il nome della band “Tourdeforce”, autrice del brano “Adolf Hitler Platz“. Abbiamo cercato ed intervistato Christian Ryder, cantante e autore del testo, per scoprire cosa lo abbia spinto a pubblicare un brano talmente controverso da aver fatto sold out in tutto il Nord Europa ed essere, allo stesso tempo, stato censurato in Germania.

Chi è Christian Ryder e cos’è TourdeForce?

Christian Ryder, 32 anni, bergamasco, lavora in televisione come consulente di redazione. Appassionato di cinema, è anche videomaker e musicista sotto diversi punti di vista: compositore, produttore e remixer. TourdeForce è uno dei suoi progetti musicali, il più longevo (gli altri sono Porta Vittoria e Consenso). Fondato nel 2004, il progetto TourdeForce segue le linee stilistiche della musica elettronica nord Europea, con marcate influenze synth-pop e industrial anni ’80. Tematicamente i brani di TourdeForce prendono ispirazione da cinema, letteratura, sociologia, storia, mass media e dall’osservazione della realtà.

Uno dei tuoi ultimi brani con tanto di videoclip ufficiale è Adolf Hitler Platz semplice ed abusata provocazione artistica o c’è di più?

C’è senz’altro di più (e nutro dei dubbi sul fatto che la “provocazione artistica” sia tanto abusata). Al di là dello scandalo sollevato dal titolo del brano, “Adolf Hitler Platz” racconta in sostanza una tragica storia d’amore. Un soldato tedesco partito per la guerra non fa più ritorno dalla sua amata; lui le ha promesso di incontrarla di nuovo in quella piazza che da il titolo al brano, una zona che viene spazzata via dai bombardamenti degli inglesi. Il soldato continua a cercare invano il luogo dell’incontro, come una sorta di spettro che non trova pace. La sua sofferenza è data anche dal fatto che per volere dei vincitori e della pressione mediatica / propagandistica del dopo guerra la sua memoria ed il suo onore siano stati disprezzati e cancellati, in quanto “tedesco”. Questa tendenza ostinata persiste anche oggi, Italia compresa, dove pare che soltanto alcuni morti siano importanti ed altri no. Io credo che ognuno dovrebbe avere il diritto di celebrare e ricordare i propri caduti.

Ecco uno spunto interessante, questo senso di colpa diffuso, questo riflesso condizionato degli europei (hai parlato di tedeschi ed italiani ma mi prendo la libertà di estendere all’Europa in generale) a chiedere scusa per il proprio passato e non mi riferisco esclusivamente a quello recente pensi sia il frutto accidentale di autonome dinamiche sociali o sia invece sia il risultato di un deliberato intento anti-europeo?

Già sessant’anni fa la Scuola di Francoforte teorizzava una forma di controllo delle masse da parte dei Media.
Oggi “il sistema” non si prodiga più nel somministrarci stimoli subliminali: ce li punta direttamente in testa, espliciti, come la canna di una pistola… E fa fuoco. Ciò nonostante un numero impressionante di persone pare ignorare la violenza mediatica alla quale siamo quotidianamente sottoposti; schiava di pesanti preconcetti, stereotipi e pensieri preconfezionati, la gente si riversa “incanalata” in una precisa direzione, in un dogmatico “determinismo” dell’omologazione. Sin dalla culla. Coloro che ironizzano sui “complottisti” devono essere un poco sciocchi oppure (forse ancor peggio) brutalmente assuefatti, al punto da aver sviluppato (e poi tramandato – per non dire trasmesso geneticamente) veri e propri schemi biologici di “ragionamento” e comportamento. Se la gente riuscisse anche solo per un istante a ragionare con la propria testa e ad essere disposta ad ascoltare la classica “altra versione dei fatti” potrebbe uscire da questo stato di torpore. La teoria del deliberato intento anti-europeo è interessante, troppo complessa da sviscerare in questa sede; comunque escludo totalmente l’ipotesi ci siano soltanto dinamiche sociali autonome. Facendo una semplice autoanalisi potremmo sorprenderci di come tutti quanti (senza distinzione) ogni qual volta che introduciamo l’argomento Hitler-Olocausto ci sentiamo in dovere di indossare i guanti, fare preamboli etico-morali, procedere con estrema cautela e misurare ogni parola, perchè il dogma, il senso di colpa, la vergogna e la paura ci rendono impuri e indegni. La storia è scritta dai vincitori, e tale ci viene imposta. E sfortunatamente “Al vincitore non verrà chiesto se ha detto la verità”.

Altra tematica sicuramente pregnante e che si ricollega a quanto già detto sopra è il tema del ricordo dei propri caduti, se fin dai tempi di Brenno il “Vae victis!” (Guai ai vinti!) è stata Legge incontrastata, ritieni che oggi sia desiderabile e fattualmente possibile avviarsi su un cammino di pacificazione che permetta il ricordo e la degna commemorazione dei caduti italiani ed europei?

Il cammino di pacificazione sarebbe l’ideale, ma credo non avverrà mai. Tanto per cominciare ci sono delle leggi. In secondo luogo persino culturalmente c’è una forma di dittatura dove soltanto chi la pensa in un determinato modo può ottenere uno spazio, e tutto il resto viene stigmatizzato, marchiato, condannato. Tutto perfettamente in sintonia con l’ipocrisia delle cosiddette moderne libere democrazie occidentali, rappresentate dalla colomba della pace.

Contenuti abbastanza “impegnativi” per un album “commerciale”, o che non vuole essere tacciato di “antisemitismo” “nazismo” “revisionismo” e via dicendo. La distribuzione estera dell’album è già stata travagliata, tu stesso riconosci che a livello mediatico e culturale su determinate tematiche il contraddittorio non è ammesso, come pensi di non rimanere vittima del meccanismo di estromissione dalla scena artistica propriamente detta?

Ignoranza, mediocrità, pregiudizio, superficialità: sono ostacoli pressoché insormontabili in un mondo dove gli ipocriti del buonismo e del qualunquismo dominano incontrastati a livello culturale. In ogni messinscèna mediatica regna una retorica fallace e scorretta: basta comparare ad Hitler l’interlocutore “scomodo” per screditarlo e squalificarlo moralmente; questo in genere accade quando l’avversario è in difficoltà e non trova argomentazioni valide per proseguire una discussione. Si dice Reductio ad Hitlerum. Mai sentito parlare della “buffa” Legge di Godwin? “Mano a mano che una discussione su Usenet si allunga, la probabilità di un paragone riguardante i nazisti o Hitler si avvicina ad 1″ (ovvero alla certezza). I riferimenti e le analogie col nazismo si sprecano, annullando e annientando ogni interlocutore, ogni discussione, ogni argomento, fomentando e alimentando la forma più isterica di incomunicabilità. E’ uno dei risultati dell’ossessione mediatica che quotidianamente continua a riempirci la testa di m****. La diffusione del mio disco in Europa è stata travagliata a causa di giudizi affrettati e stereotipati da parte della distribuzione. In qualche modo sono già estromesso dalla scena artistica, tendo ad andare controcorrente. Eppure, a conti fatti, l’album è attualmente vicino al sold-out.

Vorresti consigliarci qualche tuo brano in particolare?

Credo che “Jedem Das Seine” vada ascoltato e assimilato con calma, interamente. Sono molto legato al testo di “Kebab Trauma”, ispirato al saggio “Del Tragico” di Karl Jaspers. Quando ascolto la Sonata “Al chiaro di Luna” di Beethoven posso sentire uno struggente senso di tragedia, di romanticismo “Europeo”. Gente di altri paesi non è in grado di sentire tale struggimento: un arabo non può percepire le stesse emozioni ascoltando quella composizione, anche per una semplice questione di cultura e scale musicali (incredibile come un’emozione sia per certi versi anche riconducibile… ad uno schema!). Questo rappresenta una sorta di pittoresca frattura tra le razze, che sono tutto sommato incompatibili. Gli Europei, coscienti del sentimento tragico e delle proprie radici e tradizioni, sono destinati a soccombere, soppressi da altri popoli. Popoli più forti, perchè non hanno coscienza tragica, non hanno pietà. Sebbene non sia contro la multiculturalità, non mi piace particolarmente l’idea che le nostre radici vengano cancellate. Ma chi le vuole cancellare?, dirà qualcuno. Ma sì, appunto, vogliamoci bene. Continuiamo così, facciamoci del male. Con tutti gli spunti fantasiosi e folcloristici di poco sopra il brano “Kebab Trauma” descrive profeticamente una sorta di futuristica Eurabia dove regna il silenzio: un mefitico bambino regge una corona seduto sul trono di un Palazzo bardato a lutto, sputando e specchiandosi narcisisticamente in una grande pozza di sangue che stagna dinnanzi ai suoi piedini sudici.

Prima di salutarci, hai progetti futuri?
Se sì, continuerai sulla strada di “Jedem das Seine”?

Credo sia questione di alcune settimane prima dell’uscita di “Jedem Das Seine” per il mercato digitale. L’album uscirà in una versione leggermente diversa rispetto al formato cd fisico: tra le novità anticipo la presenza di una traccia inedita intitolata “Fight For Your Right (To Hate)”. In cantiere ho la lavorazione del nuovo album del mio progetto parallelo Porta Vittoria, la partecipazione ad un tribute album al cantante francese Étienne Daho e la realizzazione di un paio di videoclip per band dell’etichetta EKP/Space Race Records: PDR e Retrogramme. A seguire ripartirò con un altro progetto parallelo dai toni più scanzonati, Consenso. Infine, considerando le numerose richieste, sto valutando l’ipotesi di concerti dal vivo, ma onestamente non sono molto convinto. Devo mettere insieme la band, e trovare persone e musicisti di mentalità aperta (ah, e non fumatori) è parecchio difficile. Qualcuno alla lettura suonicchia la chitarra?

Mattia Parisi

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